amare vuol dire dare


"Non è che sono contrario al matrimonio; però mi pare che un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi" Massimo Troisi

L'innamoramento è un sentimento e ciò che noi sentiamo per qualcuno o per qualcosa non può essere messo in discussione. Si misura, per così dire, con il metro di chi ama. L'amore è qualche cosa di più e di diverso, che può e deve es-sere misurato sempre con il metro delle persona amata. Impli-ca il suo bene, non come intenzione, bensì come conseguenza concreta del nostro concreto agire. L'amore perciò richiede una grande capacità di ascolto e comprensione. Se non riu-sciamo a stabilire con l'altro un rapporto di empatia non pos-siamo amarlo. Possiamo esserne innamorati, ma non amarlo. Senza empatia non esiste amore, né amicizia, né vera solida-rietà A meno che non ci si affidi ad una volontà esterna imposta da altri, non c'è nulla che non si possa fare all'interno di un rap-porto a due. Possiamo fare tutto, tranne che non tener conto dell'altro, tranne che prescindere da ciò che l'altro intimamen-te è. Qualsiasi cosa noi facciamo che l'altro non voglia o che all'altro non piaccia, a prescindere dalle nostre intenzioni rap-presenta una violenza. Amare vuol dire soprattutto dare all'altro ciò di cui l'altro ha bisogno, ciò che fa il suo bene, ciò che lo fa star bene. Una mano che dà è diversa da una mano che prende, una ma-no che dà è una mano che esita, è una mano che chiede, non è mai una mano che presume! Chi dà non può mettere in discussione ciò che chi riceve sen-te. Non può spiegargli che cosa dovrebbe sentire, né pretende-re che senta ciò che noi vorremmo sentisse, né ciò che noi sentiremmo se fossimo al posto suo, semplicemente perché al posto suo noi non siamo. Possiamo mettere in discussione il pensiero degli altri, non il loro sentire, di cui dobbiamo solo rispettosamente prendere at-to e qualora non dovesse piacerci andarcene altrove. Troppo spesso continuiamo a credere di amare o di essere amati, contro ogni evidenza. Quand'ero bambino mia madre non mi portava dal dentista per "amore", ma io era del dentista che avevo bisogno, non di una madre che per evitare di soffrire di fronte alla sofferenza del figlio non gli dava ciò di cui il figlio aveva bisogno. È triste dirlo e lei non lo capirebbe, ma mia madre non mi ha mai amato. Era ed è innamorata di me e dei miei fratelli, cui purtroppo per "amore" continua a rovinare la vita. L'amore richiede rispetto per l'altro, riconoscimento della sua specificità, delle sue esigenze reali, anche quando sono diver-se dalle nostre. Se l'altro ha bisogno di silenzio è silenzio ciò che dobbiamo dargli, anche se noi al posto suo avremmo bi-sogno di parole. Senza rispetto non esiste amore! Purtroppo non ci è dato scegliere i nostri genitori, da cui non possiamo divorziare, ma solo difenderci, impedendo loro di rovinarci la vita più di quanto non sia inevitabile. In un rapporto di coppia, possiamo constatare ciò che l'altro di fatto riesce a darci e comportarci di conseguenza. Se così fos-se probabilmente soffriremo molto meno! Se una persona, nonostante le sue buone intenzioni, continua a farci del male, ciò dovrebbe essere materia di studio per gli psichiatri, non motivo per condividerci una storia! Eppure ogni giorno migliaia di persone, soprattutto donne, soffrono e subiscono, ma continuano ostinatamente a pensare: poverino/a non è colpa sua… non vorrebbe farmi del male… in fondo mi vuole bene… vorrebbe essere diverso, gentile, ge-neroso/a, ma con i genitori che ha avuto, con la vita che ha fatto… Ognuno di noi ha tutte le ragioni di essere ciò che è, che spie-gano e giustificano pienamente il suo agire. Ciò dovrebbe in-durci a essere più tolleranti con il nostro prossimo, non ad an-darci a letto o a viverci assieme un'intera vita di sofferenze! È giusto e opportuno non fermarsi alla superficie delle cose, compiere normali e ragionevoli sforzi nella speranza di far emergere la presunta bella persona che si nasconde nell'altro, ma quando non basterebbero venti anni di psicanalisi per ave-re qualche probabilità di raggiungere lo scopo, forse conver-rebbe lasciar fare a chi è pagato per questo. L'innamorato ha una immagine dell'altro che non corrisponde quasi mai alla realtà e quando la realtà inesorabilmente affiora quasi sempre il suo stato di innamoramento finisce. L'innamorato è possessivo e geloso e non solo delle persone del proprio stesso sesso, ma anche del crescere e affermarsi dell'altro, che vengono vissuti come una minaccia da ostacola-re ad ogni costo, pur di non perdere l'oggetto del proprio pia-cere. Chi ama non rivendica la costante presenza dell'altro. Non lo ostacola nei suoi progetti e nei suoi interessi, anche se ciò può comportare oggettivamente dei rischi per la coppia. Non si può impedire all'altro di vivere, in nome dell'amore, anche se è vero che vivendo l'altro potrebbe cambiare e allontanarsi da noi. Chi ama non è mai esageratamente geloso. Non può esserlo perché la gelosia è un sentimento di ribellione provocato da un senso di inferiorità nei confronti di un presunto rivale e chi sa amare stima se stesso, ma soprattutto stima e ha piena fidu-cia nell'altro. Non può non stimarlo, perché sa perfettamente che senza stima non può esistere amore. Può esistere innamo-ramento, non amore, ed è amore ciò che cerca! Per chi veramente ama l'altro non è mai puro e semplice og-getto di soddisfacimento dei propri bisogni, da trattenere co-munque, anche contro la propria volontà. Se dovesse scoprire che l'altro se ne vuole andare, non farebbe nulla per impedir-glielo. Con dolore, lo lascerebbe andare. Tra due persone che realmente si amano una storia può anche finire, con sofferenza, ma senza vero tradimento. Non serve! Non se lo meritano! Due persone che si sono veramente amate, quando si lasciano cercano sempre di procurarsi la quantità di dolore strettamente inevitabile. L'innamorato quando viene privato dell'oggetto del proprio innamoramento può diventare molto molto cattivo.!

L'altro non è causa del nostro innamoramento
È sbagliato attribuire l'esperienza straordinaria dell'innamo-ramento alle proprietà della persona amata. Se la persona amata fosse la causa reale del nostro innamora-mento, di lei ci innamoreremmo comunque, a prescindere dal-le circostanze in cui ciò avviene. Non è così. Quella stessa persona che oggi ci fa battere forte il cuore, in un altro mo-mento della nostra vita probabilmente ci avrebbe lasciato del tutto indifferenti. Affinché la magia dell'innamoramento si compia, la nostra mente, il nostro corpo e il nostro cuore devono essere aperti, disponibili a cogliere e ricambiare segnali e inviti. Ma tutto ciò non appartiene alla persona che è già innamorata. Chi è soddisfatto di ciò che ha si trova in una sorta di stato di quiete, tende a non accorgersi dei richiami più o meno sessuali pro-venienti da altri che non sia il proprio partner. Può darsi da fare per non perdere ciò che ha, difficilmente per imbarcarsi in nuove imprevedibili e pericolose avventure. L'altro non è la causa del nostro innamorarci, bensì solo il luogo, più o meno casuale, nel quale si esprimono e trovano forma il nostro desiderio, il nostro bisogno e la nostra capacità di amare. Tanto più grandi saranno, tanto più probabile sarà che ciò ac-cada, tanto più ampio sarà l'orizzonte di persone con cui ciò potrà accadere.

Perché l'innamoramento finisce?!
Una delle ragioni per cui l'innamoramento finisce è che spesso il desiderio di innamorarci è talmente forte da farci vedere l'altro migliore di quanto in realtà non sia. Il nostro benevolo pregiudizio nei suoi confronti ci induce in-gannevolmente a interpretare positivamente qualsiasi cosa lui faccia o non faccia. Perfino la violenza subita spesso in queste circostanze è letta come grande passione amorosa. L'altra ragione per cui l'innamoramento è spesso destinato a finire è che l'essere umano è naturalmente attratto da tutto ciò che gli è diverso, ma questa diversità oltreché attrarlo lo spa-venta. Per questo prima o poi finisce con il chiedere all'altro di sacrificare proprio quella diversità che lo aveva attratto. Di diventare una persona priva di originalità, per la quale perderà ogni originaria attrazione fatale una volta raggiunto lo scopo! L'altro per varie ragioni, può accettare in qualche misura di cambiare. Ma c'è in ognuno di noi una parte che chiede di es-sere riconosciuta ed accettata, alla quale non si può rinunciare. Man mano che ci si avvicina a questo punto di non ritorno lo stato di innamoramento cede progressivamente il passo al ri-sentimento fino a trasformarsi spesso in rancore o odio. Perché lo stato di innamoramento di una persona continui e l'entusiasmo per la vita non venga meno, occorre conservare il desiderio e la capacità di scoprire ciò che ci è nuovo e diverso, in noi stessi, negli altri e nel mondo. Occorre cercare non ciò che ci rassicura, bensì la sfida, la bellezza, la creatività. Naturalmente è sempre la persona più "normale" della coppia a volere che l'altro, il creativo, l'originale… modifichi se stes-so e la propria vita. Il diverso è infatti attratto dalla normalità del suo compagno/a, ma non la teme, anzi ne ha spesso biso-gno per rimanere ancorato alla terra.

Perché l'innamoramento diventi amore
Se l'innamoramento è generalmente più forte tra persone diverse, l'amore è più solido e duraturo tra persone simili. Quando esistono delle grandi affinità è relativamente facile soddisfare i bisogni dell'altro senza rinunciare ai propri. Quando tra due persone lo stato di innamoramento finisce, se non esiste una compatibilità reale di gusti e di esigenze, gene-ralmente finisce anche il loro rapporto. Un rapporto d'amore non può basarsi sul "sacrificio" di uno dei due, né di entrambi. Possiamo e dobbiamo andare incontro alle esigenze dell'altro, ma non possiamo rinunciare al nostro modo di essere e di concepire la vita. Non funziona! Se siamo troppo diversi, quello che faremo per assecondare l'altro ci costerà molta fati-ca e ci sembrerà sempre molto, ma a lui, a ragione, sembrerà sempre poco. In realtà gli avremo solo concesso di essere se stesso e di fare ciò che aveva voglia di fare. Di questo sacrificio prima o poi presenteremo il conto, senza che l'altro probabilmente capisca. Quando incomincia la con-tabilità di ciò che ognuno di noi ha fatto per l'altro, l'innamo-ramento è già finito, ma soprattutto l'amore non può nascere! Meglio farebbero le persone a cercare qualcuno compatibile di fatto con il proprio modo di essere, piuttosto che, spinti dal-la solitudine e dal bisogno, far finta di averlo trovato, per poi rompergli letteralmente le palle per tutta la vita, per non esse-re ciò che avrebbero voluto e che quasi mai lui aveva fatto finta d' essere. E se lo ha fatto, lo ha fatto in un modo talmente evidente da non sfuggire allo sguardo dei più. Solo a quello delle persone direttamente coinvolte, tale era la loro sete e la loro fame d' amore.

L'amore di oggi e l'amore di ieri
Soddisfatta la fame e la sete, non più costretto dalla guerra a pensare alla propria sopravvivenza, l'uomo è naturalmente portato a interrogarsi sul senso della propria vita. E allora si scopre terribilmente solo e impotente, in un mondo senza più Dio. Un mondo sempre più complesso e incom-prensibile, dove ognuno sembra essere per sé e tutti contro tutti! Un mondo che scambia la superficialità con la felicità! Scopre che gli schemi entro cui deve muoversi e i ruoli, che come maschere deve indossare, gli stanno stretti e gli impedi-scono d'essere se stesso. Sente un bisogno crescente di autenticità, un bisogno irrinun-ciabile di superare l'insopportabile senso di solitudine. Questo autentico e impellente bisogno trova una apparente soddisfazione nel facile "incontro" con l'altro, favorito dalla grande libertà dei costumi che mette le persone in condizione di conoscersi e unirsi intimamente poco dopo essersi incontra-te. Il benessere che deriva da questa intimità crea l'illusione dell'innamoramento. Purtroppo, in nome del diritto alla felicità qui e ora, questa il-lusione quasi sempre si infrange contro le prime inevitabili difficoltà, cui non si è disposti a far fronte. Oggi ci si innamora facilmente, ma altrettanto facilmente ci si lascia, perché l'innamoramento non riesce quasi mai a diven-tare amore. I nostri padri e le nostre madri sicuramente si separavano mol-to meno, ma questo non vuol dire che si amassero di più. Solo che continuavano a stare assieme anche quando l'amore tra loro finiva. Talvolta addirittura non era mai nato. Si limitavano ad accet-tare con una certa tranquillità ciò che il destino o la famiglia aveva riservato loro. Una volta era più facile andare d'accordo, perché uno dei due subiva i torti dell'altro. "Fatalità" volle che questo qualcuno fosse la donna, che a causa della sua mancanza di indipendenza economica era co-stretta a sopportare che il marito soddisfacesse altrove le pro-prie frustrazioni. Un maggior senso del sacrificio dovuto ad una maggior reli-giosità e ad maggior rispetto per la Chiesa e i suoi precetti chiudevano il cerchio. Poi arrivò il femminismo!

sandro cotugno



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